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L’EDUCAZIONE TERAPEUTICA

Noi, dell’associazione “Amici per il Cuore”, c’ispiriamo nella nostra pratica professionale al modello pedagogico-assistenziale, che prende il nome di educazione terapeutica.
Ci si riferisce al processo di formazione compiuto dal paziente, assistito da una equipe di sanitari esperti, finalizzato a raggiungere il traguardo dell’autonomia nella gestione della propria malattia cronica.
In altre parole, ci piace insegnare ai pazienti diabetici (così come a tutti gli altri, affetti da malattie croniche) l’arte di ‘cavarsela da soli’.

Il caso
Correvano gli anni ’70: un giovane e brillante endocrinologo, che lavorava nell’ospedale universitario di Ginevra, un giorno apprese sgomento di essere affetto da diabete mellito tipo 1. In cerca di conforto si rivolse al suo direttore: «Bene, allora ti occuperai di diabete, così potrai capirlo con il cuore e non solo con la testa», gli disse.
Il giovane medico cominciò a sperimentare tutte le problematiche di chi si trova improvvisamente  “dall’altra parte”:
la difficoltà ad accettare la malattia, la resistenza psicologica a bucarsi più volte al giorno per l’insulina, la disobbedienza alle prescrizioni del suo diabetologo di fiducia. Questo è un aspetto particolarmente curioso della storia: egli disobbediva, riducendosi le dosi prescritte, poichè queste gli procuravano continue ipoglicemie. Tuttavia provando soggezione verso il collega anziano, non osava affrontare con lui apertamente l’argomento. Esattamente come avviene spesso tra un qualunque paziente e il suo medico, il quale non sarà mai sicuro se il paziente è aderente fino in fondo  alle sue prescrizioni.
Così quel giovane, di nome Jean Philippe Assal, maturò l’idea (rivoluzionaria) che le stesse dinamiche da lui direttamente provate, potevano spiegare l’ampio fenomeno dei fallimenti terapeutici nella cura delle malattie croniche, dovute alla non aderenza da parte dei pazienti alle terapie prescritte.
Dopo anni di viaggi di studio in America e di ricerche, fondò nell’ospedale universitario ginevrino una “unità per l’educazione dei pazienti”, lavorando in equipe con altri diabetologi e operatori sanitari. Prendeva così forma “l’educazione terapeutica”.
Sull’onda del successo di questa prima iniziativa Assal organizzò in seguito dei seminari periodici di formazione a Grimentz, una cittadina di montagna, dove si avvicendarono negli anni con entusiasmo moltissimi medici e infermieri da tutta Europa e dall’Italia. Nonostante crescesse notevolmente il movimento d’opinione, l’educazione terapeutica per lungo tempo venne considerata con scetticismo dalle istituzioni accademiche.
Finchè Assal non ottenne un grande riconoscimento dall’Organizzazione Mondiale della Sanità: agli inizi degli anni ’90 l’OMS riconobbe che l’educazione terapeutica è una concreta possibilità di gestione non solo del diabete, ma anche di tutte le malattie croniche.

La metodologia
L’educazione terapeutica è incentrata sulla motivazione al cambiamento: sulla capacità dell’individuo di sviluppare un buon adattamento alla malattia (coping) e di liberarsi di credenze e rappresentazioni negative che possono a volte costituire ostacoli insormontabili al cambiamento.
Alla base dell’educazione terapeutica vi è dunque
-una pedagogia, una metodologia d’insegnamento, strutturata, organizzata, permanente (che deve essere adattata all’evoluzione della malattia ed al modo di vita del paziente);
– una equipe di operatori sanitari esperti in grado di garantire un approccio multiprofessionale e interdisciplinare, motivare e accompagnare il paziente nel suo percorso formativo.
Ciascun operatore sanitario dell’equipe non si pone come “docente”, ma come “mediatore” o “facilitatore” tra il sapere scientifico (di cui è parziale depositario) da un lato e la capacità di comprensione del soggetto dall’altro; ossia tra l’essenza (tutte le conoscenze sulla malattia ) e l’essere, la realtà concreta del malato, con il suo variabile carico di limiti (culturali, socio-economici) e di complessità (fragilità psicologiche e organiche). Facilitatore e paziente costruiranno un’alleanza terapeutica.

Obiettivi dell’educazione terapeutica
-aiutare i pazienti e le loro famiglie ad accettare e comprendere la malattia ed il suo trattamento (l’accettazione);
-accompagnare i pazienti nell’acquisizione e conservazione nel tempo di capacità e competenze per gestire in autonomia la vita quotidiana condizionata della malattia (l’autonomia);
-motivare i pazienti a cooperare con i medici curanti, aderendo con scrupolo alle prescrizioni terapeutiche (l’aderenza);
– far emergere i bisogni soggettivi ed oggettivi dei pazienti e dei loro familiari, insoddisfatti nell’ottica di aiutare a trovare soluzioni per migliorare la loro qualità di vita (la soddisfazione).

Noi, dell’associazione “Amici per il Cuore”, accettiamo e applichiamo nella nostra pratica professionale l’educazione terapeutica.

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