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RICONOSCERE LE CRISI IPERGLICEMICHE NEL DIABETE MELLITO

Le crisi ipoglicemiche non sono le uniche complicanze acute in cui possono incorrere i soggetti con diabete di tipo 1 (DMT1)  e di  tipo 2 (DMT2) insulino-trattato; tra queste vanno considerate anche le crisi   iperglicemiche.
Ve ne sono di due tipi
-la chetoacidosi diabetica  (Diabetic KetoAcidosis,  DKA)  che è tipica del diabete di tipo 1;
-la sindrome iperosmolare  che può colpire il diabete di tipo 2 insulino-dipendente.

Il termine iperosmolare indica l’effetto osmotico della glicemia quando è molto elevata (superiore a 500 – 600 mg%) ed è in grado di indurre uno spostamento di acqua libera dal compartimento cellulare a quello vascolare  provocando disidratazione e sofferenza delle cellule, in particolare di quelle nervose.
Il termine chetoacidosi si riferisce alla presenza nel sangue di corpi chetonici, comprendenti due composti acidi: l’acetoacetato e il beta- idrossibutirrato (BOHB), che provocano l’abbassamento del pH ematico (acidosi), più un composto volatile, l’acetone, emesso attraverso il respiro e responsabile del caratteristico alito acetonico.
Esistono anche forme miste, in cui la chetosi nel DM tipo 1 si associa a glicemia molto alta e quindi concomita un’ elevata  iperosmolarità, e viceversa quadri clinici d’iperosmolarità  nel DM tipo 2 associati a un certo grado di chetoacidosi.

Cause. Le crisi iperglicemiche sono causate da una diminuzione del rapporto tra insulina e ormoni controinsulari (glucagone, adrenalina, cortisolo e GH).

La fig. 1 mostra le funzioni antitetiche dell’insulina e degli ormoni controinsulari. effetti insulina glucagone
Possiamo distinguere:
1. condizioni di grave carenza  d’insulina:
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2. condizioni che aumentano il glucagone (e gli altri ormoni controinsulari) sono tutte quelle legate a eventi stressanti: malattie cardio-vascolari acute (infarto miocardico, ictus ecc), infezioni febbrili, interventi chirurgici maggiori, ustioni, gravi traumi;

3. condizioni combinate: infezioni febbrili e/o manifestazioni gastroenteriche (nausea, vomito, anoressia, diarrea) associate a sospensione della terapia insulinica;
raramente per l’uso di farmaci glicosurici nel DM tipo 2 in seguito a eventi intercorrenti caratterizzati da stress (interventi chirurgici, infezioni, ecc.) o stati d’ipercatabolismo (dieta a basso contenuto di carboidrati, digiuno prolungato, perdita di peso, vomito ripetuto, disidratazione, ecc.) oppure riduzione della dose di insulina.
Altre condizioni a rischio sono sia il diabete “gestazionale” che il diabete “in gravidanza”.

Tutte queste condizioni possono determinare, come si diceva sopra
-la chetoacidosi diabetica, e ciò può avvenire  nel diabete tipo 1, ove la carenza d’insulina è assoluta; oppure
-la sindrome iperosmolare , che può verificarsi nel diabete tipo 2 insulino-dipendente, ove la carenza d’insulina è relativa (permanendo ancora una modesta secrezione d’insulina).

La fig. 2 mostra la patogenesi comune della chetoacidosi e della sindrome iperosmolare non chetotica.

SCHEMA PATOGENESI CRISI IPERGLICEMICHEQuadro clinico. In entrambe le patologie le manifestazioni cliniche, legate agli effetti dell’iperglicemia elevata sull’organismo, sono:
-produzione abbondante di urine  (poliuria)
-sete intensa (polidispsia)
-segni di disidratazione (pressione bassa o ipotensione, cute e mucose secche,  perdita di peso,  profonda debolezza).
Il peggioramento della disidratazione conduce rapidamente all’ insufficienza renale (con contrazione del volume delle urine), alla grave ipotensione (shock) e a vari gradi di alterazione del stato di coscienza (fino al coma).
Specifici segni della chetoacidosi sono poi l’alito acetonico, dovuto all’emissione della parte volatile dei corpi chetonici, l’acetone appunto, e i segni di acidosi (respiro frequente e profondo, nausea vomito e dolori addominali).
Se non s’interviene tempestivamente trasportando  il paziente in ospedale, può sopraggiungere la morte. Degno di nota è che nel diabete in gravidanza o gestazionale  si possono verificare quadri di DKA accompagnata da iperglicemia moderata.

Diagnosi:  la chetoacidosi diabetica va sospettata in presenza di
– iperglicemia > 200mg/dl (> 11mmol/L) accompagnata da disturbi  e di
– aumento dei corpi chetonici, ossia un  beta- idrossibutirrato (BOHB)  > 3mmol/L.
L’esame emogasanalitico praticato in ospedale confermerà la diagnosi  evidenziando l’acidosi metabolica (pH arterioso < 7.30).
E’  particolarmente importante sottolineare il ruolo prezioso nella diagnosi e nella prevenzione del DKA delle nuove strisce reattive per determinare la chetonemia capillare.
La sindrome iperosmolare è caratterizzata da glicemia molto elevata (> a 500mg%),  pH arterioso normale, chetonemia normale,  bicarbonatemia normale.

Prevenire le sindromi iperglicemiche: continua a leggere

Referenze bibliografiche
1. La chetoacidosi diabetica: documento di Consenso. Gruppo Interassociativo AMD, SID, SIEDP http://www.siedp.it/pagina/439/la+chetoacidosi+diabetica%3A+documento+di+consenso
2. http://www.agenziafarmaco.gov.it/it/content/nota-informativa-importante-su-inibitori-sglt2-09072015
3
. Balducci S, Pugliese G, Zanuso S Diabete di Tipo II e Attività Fisica: dalle evidenze scientifiche all’applicazione pratica. Fidal, 2016. Capitolo 4: complicanze acute.
4. Scheiner G, Think like a pancreas, Da Capo Press, 2011

 

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